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venerdì 30 dicembre 2011

Ultima corsa a Vinovo

Ippodromo di Vinovo, ultimo giorno di corse. Ci sono spumanti e panettoni, ma il clima non è quello della festa. Il 1° gennaio l’impianto non riaprirà i battenti e i cavalli non scenderanno in pista fino a quando saranno rivisti i tagli dei trasferimenti alle società che gestiscono gli ippodromi. Il mondo dell’ippica vinovese ha deciso di ribellarsi così alla riduzione del 50% dei sostegni governativi - e del 40% per il montepremi - che considera come una sicura condanna a morte per tutto l’indotto.

Quasi 200 persone rischiano di rimanere senza lavoro e centinaia di cavalli potrebbero essere destinati al macello. Ma tutti sono uniti nella protesta. Un’ora prima dello start Marco Smorgon, driver e allenatore di Givoletto, è al bar a gustarsi un caffè. È concentrato sulla gara, ma ha le idee chiare: «Questo ippodromo è un piccolo gioiello: la meritocrazia non conta, si taglia con gli occhi bendati».

È l’ora della sgambata, c’è spazio ancora per una battuta: «Hanno utilizzato le nostre sale per diffondere altri giochi e adesso ci buttano via. Io ho vinto 2 mila corse, sono un driver e un trainer professionista, ma sulla carta d’identità c’è scritto “operatore ippico”. La mia professione non esiste, ma è tutto il movimento a non essere considerato».

Smorgon nella seconda corsa rompe subito. Guido Tira, 73 anni, ex allibratore, aveva puntato su di lui, ma non dispera: «Non è finita». Cronometro in mano, prende i tempi al giro e non perde di vista il monitor. Alla fine centra l’accoppiata vincente: «Poca roba, oramai non scommetto quasi più. Col totalizzatore punti contro te stesso, non ha senso». Al suo tavolo c’è una processione di amici che chiedono consigli: «I cavalli li conosco, ma non basta. Bisogna vedere la sgambata, notare la postura, fiutare l’aria. Una corsa non si vede, si respira. Solo pensare che Vinovo possa chiudere mi fa stringere il cuore».

L’ippodromo è una grande famiglia in cui tutti si conoscono. Ci sono nonni che portano i nipoti nelle scuderie, scommettitori che chiedono le ultime sensazioni e allevatori preoccupati. E anche insegnanti di matematica diventati proprietari di scuderie, come Mauro Rolando, 47 anni, presidente dell’Unione Subalpina Trotto: «Si pensa che questo sia il mondo della perdizione perché nessuno ha mai voluto fare pubblicità positiva. Basta entrare qui dentro per rendersi conto della realtà».

Gli fa eco Gianni Rubino, storico allevatore torinese: «Siamo stati gestiti male e per questo disastro l’Unire incassa 61 milioni di euro all’anno. La politica deve uscire fuori e allora si potrà ripartire. Con l’ippica non si guadagna, al massimo si va in pari. Finora ho perso quello che mi potevo permettere, ma così non ha più senso continuare».

Lo stop potrebbe durare due mesi. Significa centinaia di migliaia di euro di incassi mancati che si andranno a ripercuotere su tutta la filiera. Dal produttore agricolo agli artieri, ma anche per i cavalli il futuro non è roseo. I «brocchetti» non macellabili vengono già regalati, ma per gli altri il destino è segnato: «È tremendo, ma non si può fare diversamente - spiegano allevatori del calibro di Luigi Truccone e Franco Ferrero -. Se non si corre non si potranno mantenere nemmeno le fattrici».

Truccone scende in pista, un tifoso gli chiede un «numero» mentre Floriana Lovera, hostess di sala, passa a raccogliere le puntate. È preoccupata. Ha 25 anni e per lei, come per tutti gli altri dipendenti, il futuro dopo il 31 dicembre resta un’incognita.

Meglio non pensarci, un ultimo brindisi e le corse sono finite. Un cavallo ormai prossimo alla pensione riceve in dono un grosso cesto di carote ed è l’unico davvero contento. Tutti a casa: addio o arrivederci?

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